La “questione Sicurezza” è oggi, nel nostro Paese, una grande questione nazionale, nella dimensione politico-sociale, prima ancora che in quella dell’ordine pubblico, che non si può affrontare inseguendo ogni giorno una nuova emergenza. Anche in questo campo la situazione ereditata dal centro destra è risultata fallimentare.
Al di là di facili promesse elettorali ( “Città più sicure” ) e dei proclami demagogici ( le leggi manifesto, come la Bossi-Fini, o fai da te, come quella sull’uso delle armi per la difesa personale ), nei fatti abbiamo registrato un progressivo svuotamento di risorse, umane e di mezzi, per le forze di polizia, fino al punto di azzerare numerosi capitoli per il funzionamento ordinario. Nel frattempo, il trend dei reati predatori, debitamente occultato, è sempre cresciuto nel quinquennio, e di pari passo con esso aumentava il degrado di tante realtà, insieme al disagio e al senso di incertezza e frustrazione di molti cittadini. Anche per reagire a tutto questo i Democratici di Sinistra sono impegnati, proprio in queste settimane, in una Campagna nazionale di ascolto, proposte e iniziative per raccogliere un disagio diffuso e sostanziare di azioni e risultati concreti una politica della sicurezza che difenda i cittadini e contrasti la criminalità, ma sappia anche favorire la coesione sociale, l’espressione delle libertà civili, lo sviluppo democratico.
Contrapporre impegno per la sicurezza e solidarietà sociale è un grave errore: la fermezza nel prevenire e reprimere i crimini, l’azione per combattere la povertà e l’emarginazione sociale, la capacità di garantire inclusione devono procedere di pari passo, perchè il diritto alla sicurezza, in quanto diritto di cittadinanza, deve concretizzarsi ed essere esigibile nella dimensione ordinaria della vita quotidiana delle persone. Ci proponiamo di contribuire, in raccordo con le altre forze di maggioranza e il Governo, ad un piano strategico di legislatura, che punti, con risposte immediate ed azioni di più lungo periodo, a garantire la sicurezza come normalità in tutto il territorio nazionale, e nei diversi e differenziati contesti urbani.
Ecco alcune tra le proposte concrete avanzate: rendere più incisivo il lavoro del Parlamento istituendo un Comitato permanente “Affari interni” con specifiche competenze in materia di sicurezza e contrasto alla criminalità organizzata; favorire il raccordo tra ministero dell’Interno e ministero di Grazia e Giustizia, particolarmente nella lotta alla grande criminalità, per garantire un’effettiva certezza della pena; confiscare e riutilizzare per lo sviluppo del Mezzogiorno le risorse accumulate dalle organizzazioni mafiose. C’è poi la necessità di potenziare la ricerca, perché in Italia, contrariamente a quanto avviene in Europa, se ne fa ancora troppo poca sui fenomeni di criminalità e insicurezza, sulla criminalità organizzata, sul funzionamento delle organizzazioni di polizia. E ancora bisogna sviluppare programmi di educazione alla legalità, investendo, e sostenendola, sulla funzione formativa della scuola al riguardo.
Una politica della sicurezza non può prescindere da una forte valorizzazione, ma anche riorganizzazione, delle forze di polizia. Per migliorare la sicurezza ordinaria, sul versante delle competenze dello stato, occorre dar luogo a una vera integrazione operativa nel territorio tra Polizia di Stato e Carabinieri. Bisogna ridistribuire in modo razionale le risorse e i presidi in linea con quanto ha previsto la finanziaria, ottimizzare l’impiego degli organici, e qualificare le strutture ( ad esempio unificando le centrali operative).
Perché alle forze di polizia nazionali più che uomini, mancano attrezzature e formazione adeguate, ed è soprattutto qui, anche con gli strumenti del rinnovo contrattuale e della riorganizzazione delle carriere, che bisogna operare.
Ma anche per le polizie locali va definito un nuovo ruolo. Cambiano le città, cambiano le dinamiche della convivenza e cambia di conseguenza la loro attività.
Come regolatrici del cambiamento le polizie locali, per il loro essere parte integrante di un territorio e di una comunità, svolgono un ruolo essenziale, sia autonomamente che in collaborazione con le forze di polizia nazionali.
Più in generale, è necessario rendere organica la collaborazione tra Città, Province, Regioni e Stato, e tra Polizie nazionali e Polizie locali. In questo senso è ormai matura l’esigenza di una legislazione moderna, che riconosca il nuovo ruolo degli enti territoriali e le nuove funzioni di fatto affidate alle polizie locali. La proposta di legge nazionale di ANCI, UPI e Regioni coglie appieno questa esigenza e va al più presto concordata con il Governo e discussa in Parlamento, dove è già stata presentata in entrambe le Camere.
Nelle more di questa innovazione legislativa si può però da subito dar vita ad una nuova stagione di “Accordi” di sicurezza tra governi territoriali e governo nazionale, come peraltro previsto nella finanziaria, caratterizzati dalla condivisione delle priorità, dalla definizione di impegni concreti reciprocamente esigibili, dall’individuazione delle attività da realizzarsi congiuntamente. E’ su questo terreno che le Istituzioni possono rispondere in positivo alla ripresa di fenomeni, che speculano sul disagio e la paura, come quelli delle “ronde” in molte città del nord. O anche alle iniziative strumentali come quella assunta dal Sindaco di Milano Letizia Moratti, che ha chiamato in piazza i cittadini contro il Governo. Iniziativa singolare, non tanto perchè a Milano, come in tante altre realtà, non vi siano situazioni di criticità e anche esasperazione nei cittadini. Ma perchè, più che “scaricare” responsabilità su altri ( del resto a Milano i problemi non sono nati in questi ultimi 10 mesi, e le carenze di organici e mezzi sono imputabili al precedente governo di centro destra ), le Istituzioni devono sforzarsi di cooperare, proprio perchè la sicurezzaè il risultato di più azioni ascrivibili a competenze diverse. In questa ottica, vanno sviluppati “progetti di sicurezza integrata” su almeno cinque aree problematiche che sono di sicuro rilievo nazionale, ma la cui mitigazione può essere trovata solo nella dimensione locale: la violenza verso le donne, il consolidarsi di veri e propri “ghetti” urbani, le nuove forme violente della devianza giovanile ( nel tifo, a scuola, tra le periferie degradate ), il contrasto alla “solitudine” degli anziani, la necessità di aiutare tempestivamente le vittime dei reati più gravi e di sostenere programmi per l’assistenza dei minori in difficoltà.