All’indomani della Liberazione viene rinvenuto ai piedi della Ghirlandina il cadavere di un uomo denutrito e sprovvisto di documenti. L’unico effetto personale ritrovato sul corpo è una fotografia che viene attaccata sul muro della Ghirlandina nella speranza che qualcuno possa identificare il defunto. Sull’onda di un gesto spontaneo, la popolazione utilizza attacca le fotografie dei propri cari dispersi o caduti durante il periodo della Resistenza a strisce di garza fissate al muro della torre. Dopo il 1946 le foto vengono tolte e i muri esterni della Ghirlandina sono utilizzati per l’affissione dei manifesti di propaganda elettorale; non è ben chiaro il momento in cui le fotografie tornano a comparire sulla torre, ma tutto lascia supporre che avvenga dopo la manifestazione antifascista del 9 gennaio 1949. Nel 1951, quando alcuni cittadini affermano che la rozza tabella che contiene le foto dei partigiani caduti deturpa la Ghirlandina, il principale monumento modenese, la Soprintendenza ai Monumenti dell’Emilia dispone la rimozione del Sacrario. Tra ingiunzioni di trasferimento e richieste di proroga, la pratica sembra arenarsi intorno alla metà degli anni ’50, quando cessano le pressioni per la rimozione: dal 1951 le tabelle che contengono le foto sono diventate tre. Anche se la Soprintendenza obietta che la Ghirlandina non è mai stata teatro di un avvenimento significativo della Resistenza, le famiglie dei caduti rispondono che “se il Duomo, la Ghirlandina e la città esistono tuttora, questo è dovuto al supremo sacrificio dei loro cari”. Sebbene Modena realizzi nel corso degli anni diverse opere dedicate alla Resistenza, il sacrario mantiene la sua ubicazione. La sua forma originale viene modificata nel 1972 quando le tre tabelle vengono inclinate e le fotografie sostituite con le immagini stampate su formelle in ceramica.

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