Lo storico Carlo Mondani ripercorre i giorni della Liberazione di Modena
La Giornata della Liberazione offre sempre uno spunto di riflessione sul presente e sul futuro della realtà italiana ma soprattutto sul passato, per non dimenticarlo. Per favorire questa riflessione, richiamando eventi storici che interessano la città di Modena, utile è il confronto col Dott. Carlo Mondani, storico locale della seconda guerra mondiale in provincia di Modena (tra i libri che ha scritto si cita “Cronache di Guerra tra Reno e Samoggia”, Fiorino 2000, in collaborazione con Ezio Trota), di cui di seguito riporterò un intervento riguardante le giornate del 22 e 23 aprile 1945 appunto a Modena. “Il 22 aprile ricorre il 64° anniversario della liberazione della città di Modena da parte dei partigiani con il concorso, determinante, dell’esercito americano. I primi combatterono contro i tedeschi entro il perimetro dei viali cittadini difendendo gli impianti civili dalla distruzione e ottenendo alla fine la capitolazione del presidio del palazzo ducale, mentre i reparti della Prima divisione corazzata statunitense eliminarono le retroguardie nemiche fuori porta e nelle frazioni. Occorsero due giorni, domenica 22 e lunedì 23 aprile, per liberare completamente il territorio comunale al prezzo di 39 caduti fra i partigiani e oltre una decina fra i soldati americani” spiega il Dott. Carlo Mondani. “Nei disegni dell’esercito americano Modena doveva essere presa il 22 facendo convergere verso il centro tre colonne corazzate: dalla via Nonantolana, dalla via Emilia e dalla strada Giardini. La decisa e inaspettata opposizione nemica, sotto forma di cannoni semoventi anticarro e Panzerfaust, determinò la distruzione di alcuni carri armati all’ingresso della città e la conseguente, precipitosa revisione dei piani di attacco. Modena, definita strong point (caposaldo) nei documenti militari, fu oltrepassata a nord e a sud sia per evitare perdite in uomini e mezzi sia per ottemperare all’ordine del 15° Gruppo di Armate alleate di raggiungere il Po con sollecitudine, aggirando dove possibile i nuclei di resistenza. Il compito di ripulire il centro fu affidato il giorno dopo al 13° battaglione corazzato, coadiuvato efficacemente dai partigiani impegnati ad eliminare alcuni cecchini fascisti che sparavano dalle altane. Di recente, alcuni storici hanno ridimensionato l’apporto dato dai partigiani alla liberazione delle città dell’Italia settentrionale sostenendo che nel complesso la loro azione armata fu diretta contro isolati reparti tedeschi dei servizi logistici in ritirata, in pratica truppe di seconda linea, demotivate, per nulla inclini al combattimento. Considerazioni prive di fondamento se riferite a Modena: qui e nei dintorni c’erano retroguardie determinate, composte da soldati in ripiegamento dall’Appennino appartenenti alla 90a divisione granatieri corazzati, 334a e 94a divisione di fanteria e 114a divisione cacciatori, unità veterane che per mesi avevano tenuto testa alle truppe alleate sul fronte della Linea Gotica”.
Secondo Lei, qual è il rapporto che c’è tra il valore che questa storica Giornata rappresenta e la considerazione odierna su di essa? Se ne percepisce ancora effettivamente il rilievo o ormai è diventata pura lettera morta?
“Sono convinto che il valore simbolico della giornata della Liberazione, qui a Modena rappresentata dal 22 aprile, non sia recepito compiutamente dalle giovani generazioni, soprattutto per quanto concerne il legame inscindibile con la costituzione repubblicana. Le cause sono molteplici, ne cito solo due: 1) stanche commemorazioni rituali; 2) ricostruzioni storiche superficiali inficiate dalla mancanza di serie ricerche d’archivio, dove l’ideologia e la retorica hanno avuto il sopravvento sui fatti. La loro sommatoria ha avuto come effetto il disinteresse e il rigetto. Ritengo che la tendenza possa essere invertita – e già lo è se pensiamo agli studi dell’Istituto Storico di Modena – promuovendo le ricerche di storia quantitativa, come fece negli anni sessanta lo storico e ingegnere Mario Silvestri riguardo la prima guerra mondiale”.
Laura Solieri