In Italia una donna su tre vittima di violenze
C’è un a famiglia a Niscemi,in Sicilia, che piange una figlia. Una ragazzina di 14 anni che nella primavera del 2008 è stata prima violentata e poi strangolata dal branco. Il branco, un mostro a tre teste non pensanti di tre ragazzini poco più grandi di Lorena, 15-16-17 anni. Un delitto premeditato, hanno detto gli inquirenti. Il movente? Avevano paura che la ragazzina dicesse in giro che uno di loro l’ aveva messa incinta. Lorena non aspettava nessun figlio, ma se così fosse stato il presunto padre, dunque, non avrebbe esitato ad uccidere doppiamente?! Tre ragazzini “normali”, degni figli d una società in cui i valori, i punti di riferimento sono purtroppo in saldo.
A Brescia, c’è un ragazzo che ricorda la sua dolce e bella fidanzata, Hiina (nella foto), che è stata sgozzata, fatta a pezzi e sepolta nel giardino della casa dei suoi genitori a Sarezzo nel 2006.
Hiina, aveva 21 anni era pakistana, ma viveva da tempo in Italia. A massacrarla sono stati suo padre e suo zio con la complicità di altri parenti ed il ruolo ambiguo della madre. Un delitto d’ onore perché la ragazza si ribellava ai costumi della sharia e voleva vivere all’ occidentale e amava un ragazzo italiano.
Il sud ed il nord dell’ Italia, uniti da una lunga scia di sangue, il sangue lasciato dalle donne vittime del femminicidio. Due luoghi simbolo, tappe di una staffetta promossa dall’ Udi (unione donne in Italia) partita proprio da Niscemi, il 25 novembre 2008 e che si è conclusa a Brescia un anno dopo preceduta dalla grande manifestazione di sabato 21 novembre, in Piazza della Loggia .
Un percorso che ha visto le porta-staffetta attraversare il Paese con l’Anfora simbolo dell’ iniziativa che ha raccolto le parole di migliaia di donne giovani e non, italiane e straniere che hanno espresso il loro pensiero, la propria rabbia, l’ indignazione in un corale NO AL FEMMINICIDIO!
Secondo i dati Istat, in Italia, sono 6,743 milioni le donne che hanno subito nel corso della propria vita violenza fisica e sessuale. Una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni è stata vittima della violenza di un uomo. Un milione di donne hanno subito un tentato o un effettivo stupro e il 6,6 % aveva meno di 16 anni. Tre milioni quelle che hanno subito aggressioni durante una relazione o dopo averla troncata; mogli, fidanzate : 8 su 10 minacciate con armi, picchiate, ustionate.
E nel mondo? Quante sono le donne, le ragazzine, le bambine vittime della violenza costrette a inumane pratiche sessuali, usate come schiave, vittime di culture, usi e costumi che ne hanno fatto scempio. Come non ricordare , in India, le vedove arse sulla pire accanto ai corpi dei mariti defunti; le donne lapidate , frustate nei Paesi islamici, le bambine soppresse in Cina perché ritenute inutili bocce da sfamare. In Messico, a Ciudad Juarez è in corso dal 1993 un vero e proprio femminicidio con seicento donne scomparse e 430 corpi ritrovati e nonostante le denuncie dei familiari, delle organizzazioni in difesa dei diritti umani come Amnesty International, poco o nulla è stato fatto per scoprire la verità. Tanto sono solo donne.
Ogni angolo del mondo conosce la vergogna della violenza sulle donne, fenomeno che l’ ONU non ha esitato a paragonare ad una vera e propria guerra e proprio per denunciare al mondo questa situazione drammatica ha istituito, dal 1999 (risoluzione n.54/134) la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che cade il 25 di novembre per commemorare le tre sorelle Mirabal, violentate, pugnalate e strangolate nel 1960 per ordine del dittatore della Repubblica Dominicana, Trujillo, al cui regime si opponevano.
Perché, piaccia o no, le donne combattono e non ci stanno a vestire i panni delle vittime sacrificali. Possono essere fermate dalla lama di un coltello, dalla sopraffazione fisica di un uomo o del branco,ma ci sarà sempre chi continuerà a battersi per salvaguardare la libertà delle proprie idee, chi darà voce e chiederà giustizia per chi non ce l’ ha fatta.
Non c’è, comunque, solo la violenza eclatante, quella che purtroppo guadagna le prime pagine dei giornali,fatta di stupri e omicidi, ma anche una più nascosta che si consuma tra le mura domestiche o sul luogo di lavoro. Violenza verbale, psicologica che si perpetra tante, troppe volte ogni giorno ed ogni donna n’è potenziale vittima.
La violenza prima di essere espressa in termini fisici, infatti, nasce nel pensiero, nella cultura. Si attua quando viene a mancare il rispetto, quando c’è discriminazione.
Lo svilimento del lavoro che svolgiamo dentro o fuori casa, la scarsa considerazione delle nostre idee, l’ attribuzione di un valore solo in base a precisi requisiti estetici sono già i semi della pianta della violenza. Non lasciamoli germogliare.
Chiara Russo Carlini