Fiamme Verdi
Le Brigate Fiamme Verdi sono formazioni partigiane di ispirazione cattolica, talvolta direttamente guidate dalla Democrazia Cristiana. Nascono, nel novembre 1943, in provincia di Brescia, su iniziativa del tenente degli alpini Gastone Franchetti. Sono formazioni autonome, guidate dal generale Luigi Masini, che insedia il comando a Milano, mentre Franchetti opera nell’area di Trento (nel giugno 1944 è catturato e a fine luglio fucilato a Bolzano).
Da subito in contatto con i servizi alleati in Svizzera e con il rappresentante democristiano presso il CLN lombardo, che sarà il loro portavoce anche nel CVL, le Fiamme Verdi sono sottoposte a duri attacchi da parte della RSI e dei tedeschi. Nel febbraio 1944 i nazifascisti arrestano e fucilano i vertici politici delle formazioni (Astolfo Lunardi, Ermanno Margheriti e Giacomo Perlasca). Nella primavera successiva, la divisione autonoma Tito Speri, comandata dal capitano degli alpini Romolo Ragnoli, riesce a espandersi, aggiungendo due brigate alle quattro già attive in Val Camonica, Val Trompia e Val Sabbia. In seguito si costituisce la 2a divisione Fiamme Verdi Astolfo Lunardi, che opera in pianura e a Brescia. «L’espansione delle Fiamme Verdi – scrive Sandri – trova fondamenta nella scelta resistenziale di una parte consistente del clero bresciano» (R. Sandri, Fiamme verdi, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 425), sebbene nelle formazioni operino anche partigiani non cattolici, come i socialisti Lionello Levi Sandri e Giulio Mazzon.
Le formazioni di orientamento cattolico hanno in generale un atteggiamento prudente, che spesso porta a ricorrere a forme di resistenza passiva (rifiuto del lavoro per fascisti e tedeschi, piccoli atti di sabotaggio, mancata consegna di beni di prima necessità, aiuto a renitenti e disertori). Verso le altre formazioni partigiane dimostrano un atteggiamento collaborativo, anche se i rapporti non sono sempre facili. Nell’agosto del 1944, sulla base di un accordo tra Fiamme Verdi della zona di Darfo (Brescia) e il comando locale tedesco, viene istituita una zona franca, ma il patto con il nemico provoca le accuse e le minacce delle formazioni garibaldine e gielline.
L’inverno del 1944-45, aperto dal noto proclama Alexander, provoca lo sbando delle Fiamme Verdi, con alcuni dei componenti che si rifugiano in Svizzera, mentre altri cercano di sopravvivere. Alcuni reparti della Tito Speri, che resta compatta, affrontano e sconfiggono la legione Tagliamento della RSI sul Mortirolo, tra Val Camonica e Valtellina. Nella primavera del 1945, le Fiamme Verdi partecipano alla liberazione di Brescia, mentre alcuni reparti operano in Trentino Alto Adige, in provincia di Bergamo e nell’area di Mantova. Il generale Masini coopera attivamente con altre formazioni dell’area divenendo, alla vigilia della liberazione, comandante di tutte le brigate cattoliche della Lombardia.
Fin dal settembre 1944, inoltre, è attivo in provincia di Reggio Emilia il battaglione della montagna guidato da don Domenico Orlandini. Il battaglione, che partecipa alla creazione della repubblica di Montefiorino, è, «con i suoi 450 patrioti […] la più rilevante formazione delle Fiamme Verdi al di fuori della provincia di Brescia» (Ivi, p. 426).
5 Gennaio 2011 — aggiornato il 26 Giugno 2016