L’eccidio dei Boschi di Ciano, del 18 Luglio 1944, che vide il martirio di venti civili innocenti per mano nazi fascista valse al Comune di Zocca , alcuni anni fa, la Medaglia d’Oro al Valor Civile.
Nelle motivazioni fu ricordato il contributo dato dai cittadini di Zocca alla lotta partigiana, i brutali rastrellamenti e tutte le vittime di quei terribili venti mesi della Repubblica di Salò.
Il territorio del comune di Zocca, infatti, fu teatro di scontri durissimi dovuti anche alla sua posizione strategica essendo a ridosso della linea Gotica e dell’area bolognese.
Nel comune nacque il primo movimento resistenziale della provincia di Modena, guidato da Zosimo Marinelli, che verrà fucilato il 27 gennaio 1944, unitamente ad altri 7 antifascisti, in segno di rappresaglia per l’uccisione del federale di Bologna, Eugenio Facchini.
Lo storico e giornalista Rolando Balugani, nipote del Marinelli e che nell’eccidio dei Boschi di Ciano gli vennero trucidati il padre e due zii, con le sue indagini ha contribuito alla ricerca della verità, alla ricostruzione dei fatti e dei responsabili come si può leggere nel suo libro “La Repubblica Sociale a Modena”.
In quel volume emerge un nome: Enrico Zanarini, Capitano della G.N.R., comandante della famigerata “Compagnia della Morte”, che si rese responsabile di un’ottantina di omicidi tra cui i venti trucidati ai Boschi di Ciano. Nel 1950 fu condannato all’ergastolo dalla C.A.S. (Corte d’Assise Speciale) di Lucca , ma in virtù dell’amnistia Togliatti, la pena venne ridotta a 30 anni di reclusione. Non scontò neppure un giorno di carcere poiché, alla fine della guerra, si rese latitante ed un’organizzazione fascista lo aiutò a rimanere nascosto sino al 1959, quando l’ennesima amnistia cancellò la sua condanna.
Balugani, nei suoi scritti ha raccontato come nell’ Aprile del 1994, a seguito dell’uscita di quel libro, Zanarini venne intervistato dal giornalista, della Gazzetta di Modena, Giovanni Gualmini il quale gli chiese se “gli sfiorava l’ombra di un ripensamento?” Zanarini rispose:”Io ho solo eseguito degli ordini. (…) e spiegò che si sentiva ingiustamente perseguitato: “dopo tanti anni continuano ad arrivarmi lettere di minacce. Ne ricevo almeno due o tre all’anno, una sempre nella ricorrenza nella rappresaglia di Ciano”.
Nell’aprile del 2006, in seguito ad una denuncia del Balugani, con la quale chiedeva alla Procura Militare di La Spezia che venisse identificato e perseguito l’ufficiale tedesco ( Hager o Hagel), che aveva collaborato con la “Compagnia della morte” nell’eseguire la rappresaglia dei Boschi di Ciano, Enrico Zanarini venne interrogato, per la prima volta dagli inquirenti.
L’ex Capitano , che aveva 92 anni ma era ancora lucidissimo e per nulla pentito, dopo aver ammesso di aver comandato la II^ compagna della G.N.R. , di stanza a Castel di Serravalle
(Bologna), declinò ogni responsabilità in merito alla rappresaglia, che sarebbe stata voluta dai tedeschi a seguito dell’uccisone di due soldati germanici. Ammetteva però di aver collaborato con i tedeschi al prelevamento di quaranta persone.
Il rastrellamento dei quaranta antifascisti avvenne nella notte tra il 17 ed il 18 luglio 1944 ad opera della compagnia della G.N.R comandata dal Zanarini, in collaborazione con i tedeschi, nelle località Castelletto di Castel di Serravalle (BO) , Montombraro e Montalbano di Zocca (MO), in base ad una lista fornita dalle autorità fasciste della zona. Venti di loro furono poi rilasciati mentre gli altri vennero destinati al patibolo.
Sempre dagli scritti di Rolando Balugani si legge:
“In merito alla scelta dei venti impiccati, Zanarini dichiarò: Furono scelte le persone che davano indizi di sapere qualcosa o che non rispondevano in modo adeguato alle domande fatte dei tedeschi”. Balugani ha poi aggiunto che Zanarini, mostrando la lista dei condannati a morte disse compiaciuto ai tedeschi: “Abbiamo scelto bene”.
L’ex Capitano della G.N.R. negò che i prigionieri avessero subito violenze, anche se ammise che furono rinchiusi in un ampio locale di proprietà del comune di Castel di Serravalle.
I prigionieri, invece, subirono inaudite torture fisiche e morali e dopo la guerra, in quel locale denominato “la Banda”, furono trovate terribili testimonianze lasciate dalle vittime della “Banda Zanarini” e delle “SS”. Sulle pareti c’erano ancora le impronte delle mani e gli schizzi di sangue delle vittime che, sempre con il sangue, scrissero sui muri la loro disperazione e le loro ultime volontà”. Il più giovane, tra loro, aveva appena 18 anni.
Enrico Zanarini ha avuto, al contrario, una vita longeva: è deceduto, ultra centenario nel dicembre del 2015. Non espresse mai pietà o pentimento per le povere vittime della rappresaglia dei Boschi di Ciano.
Quanto al Maggiore Hager (o Hagel), nonostante fosse emersa la sua responsabilità, sia dalle risultanze processuali che dal cosi detto “armadio della vergogna, le autorità tedesche non riuscirono mai ad identificarlo.
Maria Chiara Russo Ufficio Stampa ANPI Provinciale Modena