Bruno Ferraresi anni 81
Questa volta, facendo una eccezione, raccontiamo una storia in terza persona, quella di Bruno Ferraresi, presidente dell’Associazione reduci e combattenti di Novi di Modena.
È una storia che merita di essere raccontata, di sofferenza e fortunatamente per Ferraresi, anche di libertà.
È l’8 settembre 1943. Bruno ha poco più di vent’anni e, come tanti coetanei, si ritrova a combattere per ragioni che gli sfuggono sul fronte sloveno. All’improvviso i comandanti non danno più ordine, i soldati si ritrovano letteralmente sbandati e accerchiati dalle truppe tedesche. Un sedicente Console annuncia ai soldati che Mussolini è stato liberato e propone loro di firmare e combattere a fianco di Hitler o finire prigionieri in un campo di lavoro. Ma il campo di lavoro sembrò a quei soldati meno crudele di continuare una guerra senza senso. Così Bruno, insieme a un migliaio di compagni non firmò, dando di fatto il suo contributo a quella Resistenza antifascista che accumunò tanti militari italiani. Ma allora Bruno non si rendeva probabilmente conto della tragedia a cui sarebbe andato incontro. Da quel giorno smise di essere Bruno Ferrresi per diventare semplicemente il numero 43974. Diq uella esperienza rimane una gavetta, ora custodita insieme a tante altre al Museo al combattente di Modena. La sua destinazione fu un campo vicino a Danzica, poi liberato dai Russi. Dalla Liberazione un lungo girovagare che ancor oggi gli permette di ricordare molto bene i nomi di quelle fredde località. Lui ha avuto la fortuna di tornare da quella immane tragedia. Altri non hanno potuto raccontare.
Giuliano Zanaglia anni 46
Mi è stato chiesto di spiegare i motivi del mio impegno nel direttivo provinciale dell’ANPI e dell’Istituto Storico di Modena, più in generale il mio interesse per la memoria storica delle lotte antifasciste e della Guerra di Liberazione in Italia.
Mio padre è stato partigiano, poi, per tutta la vita si è mantenuto politicamente molto attivo, casa mia è stata sempre frequentata dai compagni di lotta di mio padre, dagli uomini che hanno fatto la storia della guerra di Liberazione in montagna, anche da personaggi come “Armando” Ricci, sono cresciuto con quei valori e quegli ideali.
Nel tempo mi sono reso conto che le conquiste che erano state ottenute con il sangue ed i sacrifici della parte migliore di questo paese nella lotta di Liberazione non sono scontate. La libertà, i diritti ed i doveri sanciti perfettamente dalla nostra Costituzione, che ci hanno consentito di vivere nella democrazia e in un discreto benessere nel nostro paese vanno difesi giorno per giorno.
Credo che la lotta di Liberazione non vada mai interrotta, che vada continuata con metodi pacifici e democratici, mantenendo alta la guardia e vivo l’interesse nella gente, la concepisco come una tensione da mantenere, se la tensione cala il fascismo avanza, anche nelle sue forme moderne, meno brutali ma non meno pericolose, quindi occorre resistere, mantenere la tensione democratica.
Il mio è un piccolo contributo per mantenere la tensione.
L’arma fondamentale per questa lotta è la cultura, la conoscenza, non sto dicendo niente di nuovo ma quanto mai attuale, soprattutto oggi nell’era dell’informazione e quanto il controllo dell’informazione sia vitale non credo di doverlo spiegare…
Il tempo passa inesorabilmente e gli attori ed i testimoni del nostro passato se ne stanno andando, a noi resterà solo lo straordinario capitale della memoria, quando non ci sarà più chi quei fatti ha vissuto sarà ancora più difficile difendere tutto questo dalle recrudescenze del fascismo e da chi riscrive la storia per legittimarlo come accade in modo sempre più spudorato, pensiamo solo a chi nega l’olocausto, dopo di ciò si può negare qualsiasi cosa.
Cito Gennaro Carotenuto del SSIS, che ha formato oltre 500 insegnanti di storia per scuole medie e superiori, Carotenuto sostiene che fra i nati fra il ’60 e l’80 c’è oggi la tendenza a mantenere una posizione equidistante fra fascismo e antifascismo che chiama “totalitarismo dell’equidistanza”, come se fosse possibile mantenere la neutralità tra fascismo e antifascismo e fossero quindi uguali.
Davvero inquietante, quindi mi chiedo cosa insegneranno questi insegnanti ai ragazzi, a non prendere posizione?
Il qualunquismo? Negli anni ’20 il fascismo andò al potere proprio sfruttando il qualunquismo e il disimpegno della maggioranza degli italiani.
L’appello che non mi stanco di fare soprattutto ai nostri amministratori ed ai nostri governanti è di investire di più sulla cultura, e non solo perché la gente conosca la propria storia, in Europa siamo ormai il fanalino di coda riguardo a formazione scolastica, con tutte le conseguenze.
Capisco le difficoltà e i costi per garantire i servizi fondamentali alla gente, ma noi uomini siamo fatti di carne e cultura e la capacità di essere bravi cittadini, di vivere in pace, di saper mantenere un buon livello di vita, di rispettare i nostri doveri, di difendere e migliorare i nostri diritti dipende proprio da quello.