Le divisioni Emilia, Taurinense e Venezia in Montenegro: la divisione Garibaldi
L’8 settembre 1943, in Montenegro, è dislocato il XIV Corpo d’armata, composto da quattro divisioni, l’Emilia, la Taurinense, la Venezia e la Ferrara. Di queste, solo la Ferrara decide di non opporsi ai tedeschi, anche se un gruppo di artiglieria appartenente alla divisione si scontra con gli ex alleati ai confini albanesi.
Le altre divisioni combattono, subendo gravi perdite. L’Emilia, guidata dal generale Ugo Buttà, si sacrifica nella difesa di Cattaro, dove è costretta ad arrendersi il 16 settembre. Molti degli uomini riescono a imbarcarsi per l’Italia, altri finiscono in prigionia, altri ancora si danno alla macchia.
La Taurinense, agli ordini del generale Lorenzo Vivalda, si scontra con i tedeschi fin dal 9 settembre, e poi si sposta verso le Bocche di Cattaro per dare man forte all’Emilia, pur arrivando troppo tardi. I comandi della divisione sono però divisi riguardo all’ipotesi di un’alleanza con i partigiani; alcuni propongono addirittura di unirsi ai cetnici. Il gruppo di artiglieria Aosta decide dunque di procedere autonomamente e prende accordi con le forze della Resistenza locale, scontrandosi presto con i tedeschi. Le divisioni interne ai reparti minano la compattezza della divisione, che finisce con il soccombere. Dei 14.000 uomini che componevano la Taurinense all’8 settembre, 7.000 sono i prigionieri, 18 sono gli ufficiali fucilati (G. Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich, 1943-1945, Roma, Ufficio storico Sme, 1992, p. 259 ss.).
La Venezia, comandata dal generale Giovan Battista Oxilia, e i resti della Taurinense entrarono a far parte, dal 10 ottobre, del II korpus dell’Eplj, l’Esercito Popolare di Liberazione iugoslavo, e per tre mesi parteciparono alle operazioni belliche. La decisione non è comunque presa facilmente: in una fase precedente, infatti, il capitano Mario Riva, che comanda una compagnia stanziata a Kolašin e che è in grado di appianare le tensioni con i partigiani locali e porsi al loro fianco, compie tale scelta nonostante le esitazioni dei comandi a lui superiori. Oxilia, infatti, e tutti gli altri ufficiali del comando divisionale, scelgono di non allearsi con le forze partigiane ma piuttosto con i cetnici, finendo con lo scontrarsi con gli stessi reparti di Riva. È solo dopo questa prima, difficile, fase, che la Venezia si allea con le forze partigiane contro i tedeschi, e talvolta contro gli italiani che sono rimasti al loro fianco. Riva perde la vita in combattimento il 18 ottobre 1943.
Con il passare dei mesi, la divisione aumenta i propri effettivi divenendo il centro di raccolta di migliaia di italiani sbandati. In novembre è trasformata in Corpo d’armata del Montenegro e il 2 dicembre 1943 viene decisa la costituzione di una sola grande unità, la Divisione italiana partigiana Garibaldi, divisa in tre brigate e alcuni battaglioni di lavoro, che combatterà una guerra durissima e una Resistenza significativa sino al febbraio 1945. I suoi comandanti sono, nell’ordine, il generale Oxilia, il generale Vivalda e il generale Carlo Ravnich.
I rimpatriati saranno 3.800, tutti armati, su un totale iniziale, all’8 settembre, di circa 20.000 uomini. Altri 3.500-3.800 sono rientrati in precedenza per ferite o malattie; 4.000-4.600 sarebbero tornati dalla prigionia; tra i 5.000 e i 7.200 sono i dispersi. Le perdite complessive sono stimabili, quindi, tra gli 8.500 e i 10.000 uomini. Le decorazioni militari saranno 13 medaglie d’oro, 88 medaglie d’argento, 1.351 medaglie di bronzo, 713 croci di guerra. Gli iugoslavi decorano la I, la II e la III Brigata della Garibaldi con l’Ordine per i meriti verso il popolo, con la stella d’oro e con l’Ordine della fratellanza e unità con corona d’oro. La Garibaldi ottiene anche due encomi solenni del comando supremo di Tito.
Tornati in Italia, parte dei garibaldini chiede di continuare a combattere e tuttavia, dati i tempi lunghi della riorganizzazione – trasformata la divisione in reggimento, questo viene assegnato al gruppo di combattimento Folgore – saranno pronti solo alla fine della guerra. (informazioni tratte da I. Muraca, I partigiani all’estero: la Resistenza fuori d’Italia, in E. Collotti, R. Sandri, F. Sessi, Dizionario della Resistenza, Torino, Einaudi, 2006, p. 468 ss; . E. Aga Rossi, M.T. Giusti, Una guerra a parte. I militari italiani nei Balcani, Bologna, Il Mulino, 2011, p. 190 ss.; E. Gobetti, Partizani. La Resistenza italiana in Montenegro, film documentario, Torino, Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea, 2015; G. Scotti, Ventimila caduti: gli Italiani in Jugoslavia dal 1943 al 1945, Milano, Mursia, 1970).
Un articolo di G. Scotti sulla Garibaldi e la Resistenza italiana in Iugoslavia è disponibile sul num. 4 del 2013 di “Patria indipendente” http://www.cnj.it/PARTIGIANI/scotti12/Patria042013_scotti.pdf
25 Dicembre 2010 — aggiornato il 26 Giugno 2016