Gomorra (Mondadori, pagg. 328, euro 15) è narrazione che lacera, incide a fondo la carne, afferra la gola e lo stomaco. Gomorra è rabbia. Gomorra è inchiesta vera.
Un libro a metà tra il saggio e il reportage, che scardina i peccati di un giornalismo reo di avere abbandonato il coraggio che aveva di una volta.
È un romanzo no-fiction, come lo definisce lo stesso Saviano, frutto di cinque anni di lavoro e uno di scrittura. Il metodo è cronistico: andare sul campo. Le storie che racconta, Saviano le ha vissute tutte e ciascuna gli ha lasciato un livido tondo sul petto, come quelli di cui sono pieni i baby-camorristi, giovani leve costrette dai boss a farsi impallinare protetti dal giubbotto antiproiettile, per imparare a non avere paura delle sparatorie.
Ma questo non basta, deve essersi detto il ventisettenne napoletano che alle spalle ha già collaborazioni con il Manifesto e il Corriere del Mezzogiorno. Ecco allora che ai dati nudi e crudi viene affiancato un Io narrante; insomma come diceva Orwell: “raccontare la verità senza rinunciare alla bellezza” (narrativa, s’intende! Sfido io a trovare traccia di una qualche bellezza in queste pagine!).
Il linguaggio è aspro e diretto, senza filtri. La realtà che emerge dalla narrazione è cruda e amara, Saviano non ci risparmia proprio nulla!
Quello che vuole mostrarci è ai limiti del fantascientifico, eppure è così: la camorra (‘o Sistema) è la punta di diamante del business ultracontemporaneo, avanguardia dell’impresa tecnologica, del management, delle teorie liberiste, in simbiosi con le nuove economie “cindiane”. La camorra è in Emilia Romagna (cemento e costruzioni), in Piemonte (alberghi), in Toscana (rifiuti tossici), a Roma (immobili), in Scozia, a Hong Kong… è un sistema proficuamente radicato nel capitalismo! Non è sottosviluppo, è imprenditoria evoluta!
Caso eclatante è il mercato parallelo delle griffe: soltanto da poco, i grandi atelier italiani hanno deciso di denunciare il formidabile business delle patacche controllato dalle famiglie di Secondigliano. Prima di allora non conveniva alienarsi la manodopera a basso costo che utilizzavano sia in Campania che in Puglia! Il dato non è acquisito solo per via giudiziaria o sociologica. O meglio, non solo per queste vie. Saviano diventa amico di Pasquale, uno che sa tagliare le stoffe da dio e che custodisce nel portafoglio una pagina di giornale con la foto di Angelina Jolie fasciata da un abito bianco sulla passerella degli Oscar. Quel vestito l’ aveva creato lui!
Non siamo più ai tempi della guapperia, quella stereotipata dei film anni ’50! I camorristi sfruttano l’immaginario condiviso: i film americani, gli abiti firmati, l’atteggiamento da vincente. I boss devono costruirsi un’immagine riconoscibile, così ricorrono al cinema.
Cosimo Di Lauro, figlio del boss Paolo Di Lauro, accusato di essere il principale responsabile della faida di Secondigliano, quando è stato arrestato, prima di comparire davanti alle telecamere si è imbastito da star del crimine: si è tirato indietro i capelli, ha indossato il dolcevita e l’impermeabile nero. Aveva in mente Brandon Lee, Matrix, The Crow, Pulp Fiction.
The show must go on!! È il potere, bellezza!
La camorra ha fatto 3600 morti in soli 27 anni: è il dato che riporta l’autore, quello che lo assilla, che lo disgusta, che lo tormenta. I killer chiamati ad uccidere ascoltano musica neomelodica dai loro mp3, e poi partono all’assalto. E io che me li vedevo invasati di heavy metal e hard rock a scandire i colpi di kalashnikov!?
Dopo ogni omicidio, è emerso dalle intercettazioni, gli affiliati vanno a vedere la tv per valutare come i media danno le notizie e quindi per decidere se migliorare il significato simbolico delle loro azioni o al contrario renderle silenziose.
Questo perché in Italia le televisioni arrivano sull’onda emotiva di qualche morto in più, poi spengono i riflettori e se ne vanno. Il giornalista ha solo un’attenzione di emergenza, per il resto il silenzio torna ad essere totale. In una intervista Saviano sottolinea: ” Molti scrittori italiani avrebbero avuto remore a inserire brani di intercettazioni o di atti giudiziari, io invece me ne frego della compostezza, voglio mordere”!
Nessuno si indigna più davanti a niente, ma Saviano sì eccome! S’indigna e ci costringe ad indignarci! Ecco perchè Gomorra è un libro destinato a rimanere a lungo, anche in un paese decerebrato e anestetizzato come il nostro. E Roberto Saviano, dannatamente coraggioso, decisamente una perla rara (perlomeno in Italia!!).
Roberta Bulgarelli