Il 1° novembre 2009 è venuta a mancare l’artista Alda Merini
‘Sono molto irrequieta quando mi legano allo spazio’: direi che siano sufficienti queste poche parole di Alda Merini per carpire l’essenza e la straordinarietà di questa grande poetessa italiana venuta a mancare il 1° novembre 2009. “Poetessa dei Navigli”, della sua Milano. “Milano potrebbe intitolare ad Alda Merini la Casa della Poesia che vuole essere viva realtà culturale e possibile luogo fisico della città, quale riconoscimento giusto e coerente – ha proposto il presidente del consiglio comunale di Milano Manfredi Palmeri – In questo modo il suo nome, non sempre accolto e capito come avrebbe meritato, si legherebbe a un impegno artistico diffuso e continuativo, volto sia all’approfondimento di autori affermati sia alla divulgazione dei nuovi”. Figura controversa, problematica, travagliata quella di Alda Merini: ‘In me c’era l’anima della meretrice/ della santa della sanguinaria e dell’ipocrita/. Molti diedero al mio modo di vivere un nome/ e fui soltanto una isterica’ (A. Merini, Venti ritratti 1985). La sua vita è stata un alternarsi di periodi di salute e malattia dovuta alla sindrome bipolare, disturbo patito da tanti altri artisti come Baudelaire, Hemingway, Byron, Woolf; la tragica esperienza del manicomio ha inciso profondamente sulla sua poetica, conferendole quell’intensità che tanto la caratterizza. Lei ha saputo e voluto scrivere unicamente di ciò che ha vissuto sulla propria pelle: da qui i suoi motivi di ispirazione più significativi, sostenendo che il poeta non è mai solo perché sempre accompagnato dalla meraviglia del suo pensiero e che l’artista è l’alito di Dio. ‘Ce n’è per tutti. La vita non risparmia nessuno. Ma c’è da dire una cosa: ho sofferto molto più fuori che in manicomio. Il manicomio è un’istituzione protetta e forse allora che ero più giovane avevo una tenuta più forte. Fuori ho trovato delle vere canaglie, qualcuno che mi ha ricattata e ferita anche su quell’esperienza che mi ha lasciato comunque in uno stato di turbamento’ ha detto la poetessa durante un’intervista comparsa su L’Unità il 27 marzo 2002. E concludo riportando un altro stralcio significativo di questa bella intervista: ‘La gioia è un’idea sballata che degrada la gente. La vita però è bella, bella e bisogna andare avanti. Quanto al dopo, per non avere delusioni comincio a prepararmi all’idea che non c’è niente’, e chissà ora cosa ci potrebbe dire.
Laura Solieri