1989-2009: a vent’anni dalla caduta del muro di Berlino

Due decenni possono permetterci di guardare agli eventi del 1989 con la giusta distanza. Quel muro abbattuto da un movimento di massa inarrestabile era stato eretto nel 1961 ed era subito diventato il simbolo terribile della guerra fredda e insieme la sanzione di un fallimento. Sì, perché quel muro veniva costruito da uno stato che si definiva comunista, da un potere che pretendeva di incarnare quella speranza di giustizia sociale e di libertà che aveva animato milioni di persone nella prima parte del Novecento. Il socialismo realizzato dai paesi dell’orbita sovietica mostrava drammaticamente l’incapacità di coniugare libertà e giustizia sociale, come già si era visto con la repressione militare della rivoluzione ungherese del 1956.
Eppure quel muro per la politica internazionale – al di là dello scontro ideologico e della polemica pubblica – divenne un fattore di stabilizzazione, chiudeva il problema ancora aperto della riunificazione tedesca ed eliminava un problema nei rapporti tra Usa e Urss. Qualche anno dopo la stessa Germania occidentale dispiegò la sua Ostpolitik, una politica di normalizzazione nei confronti dell’altra Germania, della Polonia e dell’Urss.berlin

La crisi del sistema sovietico e dei paesi dell’Europa orientale non tardò ad arrivare e si rese evidente nel corso degli anni ‘70: mentre l’occidente reagiva alla crisi con una grande rivoluzione tecnologica e l’innovazione elettronica ed informatica, il mondo sovietico non riuscì a fare quel salto innescando un grave declino economico e di produttività; inoltre la società di quei paesi appariva sempre più spoliticizzata con una leadership a debole legittimazione, considerata sempre più lontana dalla vita dei cittadini e detentrice di privilegi ingiustificati.
Le riforme di Gorbaciov arrivarono tardi per correggere un sistema rigidamente centralizzato, poco produttivo e ammalato di una gigantesca elefantiasi burocratica. La storia ci dice che i regimi attraversano i momenti più delicati e diventano fragili quando si tenta di riformarli: l’Urss e l’Europa orientale non fecero eccezione. Il 1989 fu l’apice di questo processo e insieme uno straordinario contagio di libertà; fu la vittoria della società civile contro un potere autoritario e poliziesco: fu non solo la fine della guerra fredda, ma anche la dimostrazione definitiva che non si può fare giustizia sociale con la polizia politica.
Vent’anni dopo resta di fronte alla società europea una nuova sfida. Infatti, dopo il crollo del comunismo reale, possiamo dire che l’ultima crisi economica ha fatto crollare anche le ideologie del liberismo sfrenato e del mercato capace di autoregolarsi: allora ritorna nel nuovo secolo il problema di come coniugare giustizia sociale e libertà, mercato e intervento pubblico, ruolo dello stato e iniziativa privata in un intreccio e con idee e strumenti necessariamente nuovi. Lo spazio per la politica torna potenzialmente molto vasto, a patto di ripartire dalle lezioni del Novecento.
Lorenzo Bertucelli