Le celebrazioni del 25 aprile si svolgeranno mentre l’orizzonte internazionale è investito dai lampi di una guerra che sta determinando uno svolgimento radicale degli equilibri tra gli Stati con inimmaginabili conseguenze sulla esistenza delle istituzioni create per garantire pace e sicurezza fra tutti i popoli. In questa drammatica situazione, per poter operare fattivamente alla costruzione di un nuovo ordine fondato sulla pace e sulla sicurezza, quale ruolo possono ancora giocare i valori fondanti della nostra Repubblica?

Il giudizio di tre esponenti del mondo culturale e associativo

Gian Carlo Pellacani
Rettore Università di Modena e Reggio Emilia

Ricordare oggi, a distanza di 48 anni, le vicende che portarono alla Liberazione del nostro Paese dalla occupazione nazi-fascista, significa – più di ogni altra cosa – identificarsi con gli ideali, i valori e l’impegno di quanti seppero e hanno saputo, come – di recente – è accaduto tragicamente al professor Marco Biagi, testimoniare col sacrificio della propria vita la convinzione e la fede in un mondo, fondato sulla giustizia e, altresì, rispettoso delle libertà, che trovano alimento nel confronto e nella dialettica. In questo credevano i tanti giovani universitari modenesi, educati dai loro maestri all’esercizio della libertà di pensiero ed all’amore per la democrazia, che, in quel tempo, non si rassegnarono a piegarsi alla cultura dell’odio e dell’intolleranza. Nel momento in cui il nostro Paese torna ad essere attraversato dalla paura del terrorismo e dall’angoscia per la guerra, il richiamo a quel Patto di convivenza democratica, cui tanti dedicarono ed hanno dedicato la vita, significa affermare il netto rifiuto nei confronti della violenza e la fiducia che una stagione di dialogo rinsaldi la pace tra gli uomini e le nazioni.

 

Renato Finelli
Presidente FIAP

È nel pieno di una drammatica crisi internazionale che siamo chiamati quest’anno a celebrare l’anniversario della liberazione del nostro Paese dalla occupazione nazista e dalla tirannide fascista.
Il Medio Oriente ed in particolare l’Iraq, sono teatro di una guerra che coi combattimenti coinvolge milioni di inermi cittadini. Il nostro primo pensiero, la nostra richiesta di pace, è per chi soffre, per i caduti, per le vittime.
Si parla, da parte degli anglo-americani che l’hanno promossa, di guerra “giusta”, diretta ad abbattere una tirannide. Senza addentrarci nella diatriba sulle “guerre giuste”, sul pacifismo senza se e senza ma, ci chiediamo perché non si è continuato sulla strada di una trattativa che stava dando frutti, ci preoccupiamo per la dimostrazione di forza unilaterale, al di fuori e contro ogni istituzione internazionale, che gli USA hanno voluto dare.
Non ci fa di certo guardare al futuro con ottimismo lo spirito di crociata, fondamentalismo contro fondamentalismo, che l’amministrazione USA ha posto alla base della sua azione.
In un mondo sempre più piccolo, solo il rafforzamento delle istituzioni internazionali quali sede per dirimere le controversie ed eventualmente decidere e controllare interventi può dare speranza all’umanità, può essere garanzia di una libertà fondata sul pluralismo di culture e civiltà.
Questo fu il messaggio delle forze e degli uomini che combatterono il nazifascismo: è anche l’esperienza negativa di questi giorni che testimonia la validità ed attualità di quel messaggio.

 

Fabio Mosca
Presidente ARCI

Siamo dentro una guerra prevista lunga e dolorosa. È importantissimo che l’opinione pubblica mondiale abbia preso la parola. La parola è NO alla guerra e basta con il terrorismo, con i suoi teoremi.
La questione è politica e si riferisce ad una questione primaria come quella della pace e della guerra come condizione per il futuro.
Le bandiere che colorano mille balconi sono il segno ed il sogno di chi è dall’altra parte della storia e non ha voglia di fermarsi in questa epoca di guerre preventive.
Noi vorremmo che il sacrificio di chi ha fatto la guerra di liberazione rammentasse il valore civile di quelle azioni e anche che i lager non sono entità storiche, musei che vengono conservati per tramandare il ricordo degli orrori nazifascisti. L’orrore dei lager resta una macchina infernale che può sfuggire di mano.
Mai come in questa fase storica la percezione del passato proietta la sua ombra sull’avvenire.
Il pericolo – cioè il nuovo fascismo – è quando chi detiene il potere intende portare fuori legge l’anniversario per il fatto che la pensa diversamente da lui o non è funzionale al suo disegno.
Ecco allora il valore forte della memoria, di chi ha combattuto per la liberazione d’Italia. Ecco allora che la memoria ci fa dire che la parola guerra oggi si pronuncia con troppa leggerezza, quasi che non si portasse dietro il peso terribile delle cose che solo chi le ha vissute conosce e che si ritrovano nelle immagini di oggi, quelle che la TV ci trasmette con spietata, spettacolare, amara verità.