fascistiC’è una riflessione in corso, ultimamente, sul significato identitario della parola “antifascista” che risulta essere in balia dei tanti facili e grossolani commenti che i media cercano di dare per creare, secondo me con superficialità, due schieramenti che definirei “pro e contro l’essere antifascista” nel nuovo millennio.

Da antifascista convinto non posso nascondere il fatto che l’antifascismo in quanto tale abbia raggiunto negli anni uno stato di appiattimento, di eccessiva linearità, alla fine asfittica, che ne ha appannato il suo valore aumentando quella retorica che noi italiani tendiamo a fare un po’ su tutto. In questo nuovo millennio e di fronte alla preoccupante ascesa in Europa (ma un po’ dappertutto) delle destre c’è da chiedersi se l’antifascismo non abbia la necessità di subire una adeguata “revisione” che comunque non corrisponde a ciò che viene comunemente definito il “revisionismo storico”: sono due cose estremamente diverse!

La “revisione” (operazione che io ritengo giusta per capire…), nei suoi paradigmi è un processo storiografico che ha lo scopo di arricchire con una adeguata ricerca gli accadimenti storici di quel periodo: è il mestiere dello storico…). Il “revisionismo” è un’altra operazione: pensare che esista una concezione della storia contro la quale muoversi in funzione di una ideologia nella convinzione che per modificare gli assetti politici del paese sia necessaria “riscrivere un’altra storia…”

Vent’anni fa il paradigma antifascista era solido, senza concorrenti; il fallimento del compromesso storico (a mio parere il momento più alto del paradigma antifascista) fa perdere il baricentro della politica e da lì inizia una fase di lenta discesa (negli ultimi temi accelerata) che non si è ancora fermata. Con l’avvento di tangentopoli, la prima repubblica con il suo sistema di partiti tracolla; ciò che nasce dopo nella politica solo per metà fa riferimento alla cultura antifascista, al contrario della prima che aveva costruito le proprie fondamenta unitarie proprio nell’antifascismo. Avviene un “rimescolamento delle carte”. Sul tavolo dei valori condivisi (non da tutti ma da una parte consistente dell’opinione pubblica europea) ricompaiono le impronte di un totalitarismo di destra: xenofobia, razzismo, chiusura delle frontiere, paura del diverso. L’antidoto per curare culturalmente questi mali esiste? Un dato è certo: l’Antifascismo è tanto più vivo quanto più è liberato dalla retorica asfittica che lo schiaccia impedendone quel processo di nuova valorizzazione che, io credo, sia assolutamente indispensabile per questo nuovo millennio che ci accingiamo a vivere.